DÉJÀ DONNÉ
RINALDO
Nuovo Allestimento
Coproduzione Teatri di OperaLombardia 2018
Clavicembalo e Direzione Ottavio Dantone
Regia Jacopo Spirei
Scene Mauro Tinti
Costumi Silvia Aymonino
Coreografie Virginia Spallarossa
Luci Marco Alba
Compagnia Déjà Donné Priscilla Pizziol, Giorgia Gasparetto, Vittoria Franchina
Accademia Bizantina
Scelta apprezzata e coraggiosa al Teatro Ponchielli per un Rinaldo contemporaneo - Giangiacomo Maroli
È un fatto risaputo che il pubblico peggiore di un teatro di Lirica è quello del Loggione, che prova vetustamente ad imporre la sua contrarietà retrograda ad una scelta registica particolare e contemporanea. Nonostante ciò, la regia cinematografica di Jacopo Spirei e la sublime direzione orchestrale del Maestro Ottavio Dantone e della sua Accademia Bizantina hanno portato in scena ieri sera, 23 novembre, al Teatro Ponchielli di Cremona un Rinaldo quanto mai contemporaneo, un uomo qualunque, uno di noi, che attraverso la partitura fresca e moderna (di 307 anni) di Händel, riesce a sconfiggere le proprie paure e a conquistare la sua personale Gerusalemme.
Quanti di noi si sono arresi di fronte alla realtà, pensando che insormontabili problemi e/o imprevisti fossero delle montagne altissime da scalare per poi giungere al proprio obiettivo? Ognuno avrà la propria risposta alla domanda, ma questo è ciò che il regista Spirei - allievo del visionario Graham Vick - ha voluto trasporre - e ci è riuscito - dall'opera di Torquato Tasso, rivisitata dal librettista Giacomo Rossi, in una realtà contemporanea cinica e piena di pericoli.
Talmente piena che quando nella trama giungono la maga Armida e i suoi mostri - interpretata dal giovane e talentuoso soprano Anna Maria Sarra presenza scenica molto affascinante e sensuale-, un gigantesco Ragno simil Vedova nera insieme ad altrettante piccole creature - tre danzatrici della Compagnia Déjà Donné - si palesano in scena e impersonificano il lato oscuro e la paura di noi stessi in cui ci si può imprigionare dalle situazioni della vita normale.
Il contralto francese Delphine Galou, esperto nel repertorio barocco, è riuscito così a trasportare, attraverso la sua bravura tecnica, fuori dalle quattro mura del suo ufficio il malcapitato Rinaldo e reagire agli imprevisti della vita quotidiana. I "pericoli" dell'eroe Tassiano dei giorni nostri sono ad esempio un possente Argante, che sconvolge il suo status quo lavorativo - il basso cosentino Luigi De Donato inoltre conduce il suo Argante in alcune profondità psicologiche mai scandagliate prima d'ora - o come il capitano Goffredo - l'interessante, sia per il suo timbro sia per il suo virtuosismo tecnico, controtenore lodigiano Raffaele Pe - che fa conoscere all'impavido Rinaldo sua figlia, Almirena, una giovane e ingenua fanciulla, di cui si innamorerà perdutamente.
Come avrete ben capito, non c'è stato nessun riferimento né scenografico - realizzato con dovizia di particolari essenziali da Mauro Tinti e il suo éntourage - né costumistico - provocatorio come solo Silvia Aymonimo riesce a fare - alla Gerusalemme Liberata del libretto di Giacomo Rossi del 1711 e del 1731. Le luci di Marco Alba concentrano inoltre il focus sui vari passaggi salienti della trama come l'arrivo finale del Mago Cristiano - un appassionante e particolare Federico Benetti - che 300 anni dopo diventa un guru, un asceta, un barbone, che, grazie alle armi trovate dentro al suo carrello della spesa, darà man forte a Goffredo e a Rinaldo per sconfiggere il gigante ragno Armida.
Sicuramente è stata una scelta audace proporre un'opera barocca in una stagione operistica, ma come si sa la fortuna aiuta gli audaci. Quindi, credo che si possa dire esperimento riuscito. Ce ne fossero di scelte così audaci anche in futuro, perché così il Loggione continuerà a borbottare, ma il pubblico apprezzerà e ne resterà estasiato.