DÉJÀ DONNÉ
CARMEN
Allestimento dell’Associazione Arena Sferisterio 2023
Direttore Donato Renzetti
Regia Daniele Menghini
Drammaturgia Davide Carnevali
Scene Davide Signorini
Costumi Nika Campisi
Coreografie Virginia Spallarossa
Luci Gianni Bertoli
Drammaturgia dell’immagine Martin Verdross
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro lirico “Vincenzo Bellini”
Compagnia Déjà Donné
Attrice Valentina Picello
Pueri Cantores “D. Zamberletti”
Banda Salvadei
Dopo il “Barbiere di Siviglia” dello scorso anno, il giovane regista Daniele Menghini torna sul palco dello Sferisterio di Macerata per una nuova produzione di “Carmen” di Georges Bizet. E lo fa con uno spettacolo ben costruito, che deve molto del ritmo che lo caratterizza a un gruppo di straordinari performer che interpretano i sodali di Carmen. Non zingari, come ci si aspetterebbe, ma maschere e, segnatamente, maschere di Arlecchino. Perché Menghini recupera un’idea medievale, all’origine della maschera bergamasca: quella cioè che Arlecchino sia in realtà il demonio. Ed anche Carmen ha in sé qualcosa di demoniaco (“demon” la chiama Don Josè nel duetto finale). Così, sulla scena agisce un “alter ego Arlecchino” di Carmen, interpretato dalla brava attrice Valentina Picello che, prima di ogni atto recita brevi monologhi scritti da Davide Carnevali. Proprio questi ci sono parsi poco incisivi e, nel complesso, superflui rispetto alla drammaturgia dell’opera, in sé compiuta. Ciò che invece funziona è l’idea di fare piazza pulita di tutta l’oleografia e il folclore (a tratti gratuito) che sovente accompagnano il titolo bizetiano: niente Spagna assolata e colorata, dunque, niente flamenco e mosse più o meno riferite a qual mondo. Al loro posto, una potente liturgia sacrificale modellata sulla corrida, con il toro che assurge quasi a divinità, destinata a perire, proprio come la protagonista (e con questa scelta Menghini rende anche omaggio allo Sferisterio che, tra Otto e Novecento, fu teatro di corride). Concorrono in modo determinante al disegno registico le belle coreografie di Virginia Spallarossa, i magnifici costumi di Nika Campisi, la scena funzionale e di grande impatto di Davide Signorini (un’arena abbandonata e cadente, ricoperta di erbacce), le luci di Gianni Bertoli. Vivo il successo per tutti.
Cronache maceratesi
"Per renderci conto che la Chanson Bohème è quel che è dobbiamo affidarci praticamente solo alla coreografia di Virginia Spallarossa, che ci regala un crescendo di acrobazie orgiastiche d'ogni sorta senza una punta di volgarità."
Roberta Pedrotti - L'Ape Musicale